La Parola è la mia casa: [08/06/2025] dom Pentecoste TP anno C

Comunità pastorale delle parrocchie di Chiuro e Castionetto

La Parola è la mia casa: [08/06/2025] dom Pentecoste TP anno C

Uno Spirito donato per l’ascolto e la missione: «Di me sarete testimoni»

Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 14,15-16.23b-26)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre. Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».

Il racconto della discesa dello Spirito Santo nel secondo capitolo degli Atti degli apostoli dice che il tutto si svolse «mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste». Infatti, prima di essere festa cristiana, il cinquantesimo giorno dopo la Pasqua (appunto “Pentecoste” in greco) è una festa ebraica, detta anche Shavuot (termine ebraico che significa “settimane”). Che, come sappiamo dallo studio delle Scritture, probabilmente si innestava su una festa agricola della mietitura.

Riflettendo su questi “strati” di significato del giorno di Pentecoste, riusciamo a cogliere qualcosa della Parola rivolta ad ognuno di noi.

L’origine della festa, dunque, sarebbe agricola e avrebbe lo scopo di ringraziare per i raccolti dell’anno, in particolare quello del frumento. Nella semplicità di questa preghiera primordiale intravediamo già il leitmotiv della gratuità, che caratterizza sia l’ebraismo che il cristianesimo: il dono, che sia del nostro sostentamento, della sua Parola o di Sé stesso, è il primo gesto di Dio nei nostri confronti.

Il significato principale della festa di Shavuot o di Pentecoste è il dono (e la discesa) della Torah. Il popolo di Dio (sia Israele che la Chiesa), prima di qualunque altra cosa, è composto di uditori di una Parola che viene da Dio. Per troppo tempo, a causa delle dispute confessionali dentro il cristianesimo, nella Chiesa cattolica la Scrittura, il suo studio e la sua importanza nella spiritualità in quanto Parola di Dio sono stati ritenuti secondari. Invece la nostra vita nello Spirito, come le nostre liturgie, deve alimentarsi ad entrambe le mense, sia quella eucaristica che quella della Parola.

Infine, la Pentecoste, è il giorno della discesa, come dono, dello Spirito Santo sulla sua Chiesa. Dono dello Spirito che, negli Atti, si ripete tre volte: dopo il primo episodio a Gerusalemme, nel capitolo 2, una “Pentecoste dei pagani” ha luogo nella casa di Cornelio a Cesarea in presenza di Pietro (10, 44-48) e una terza discesa del Paraclito avviene ad Efeso con Paolo (19,1-7). La discesa dello Spirito, in questi episodi, è visto come evento fondatore della Chiesa e origine dell’evangelizzazione: la Chiesa e i suoi membri sono evangelizzatori dal principio, sono missionari nel DNA.

Inoltre, questi tre episodi, ci raccontano uno Spirito che scende su tutti i discepoli di Gesù senza distinzioni e non è destinato solo ad alcuni grandi personaggi ispirati, come nella tradizione ebraica.

Infine lo Spirito è forza di testimonianza: ogni battezzato è chiamato a rendere testimonianza della salvezza che ha ricevuto. Lo Spirito fa della comunità un popolo di testimoni. Una testimonianza resa con la vita più che con le sole parole, secondo quanto scriveva Sant’Ignazio di Antiochia: «Quelli che fanno professione di appartenere a Cristo si riconosceranno dalle loro opere. È meglio essere cristiano senza dirlo, che proclamarlo senza esserlo» (Epistola agli efesini). Ma quale e quanta condivisione e annuncio della fede c’è nella mia vita e nella mia comunità?

Se ti accusassero di essere cristiano, troverebbero delle prove contro di te?

Dietrich Bonhoeffer