
Il mistero della presenza-assenza di Gesù dopo l’ascensione e la fatica e la libertà della fede
Dal vangelo secondo Luca (Lc 24,46-53)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto». Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.
Il racconto dell’ascensione al cielo di Gesù risorto ci viene proposta nelle due versioni scritte dall’evangelista Luca, che le pone alla conclusione del primo volume della sua opera, il Vangelo, e all’inizio del secondo volume, gli Atti degli apostoli.
Come ci suggerisce Luca, questo evento, insieme alla risurrezione e alla pentecoste, segna una nuova era, il cosiddetto tempo della Chiesa. Questo tempo è quello che stiamo ancora vivendo come cristiani del 2025: un tempo in cui sperimentiamo e percepiamo contemporaneamente la presenza di Gesù secondo alcune modalità (la Parola, i Sacramenti, la comunità e i poveri) e la sua assenza. Non è disponibile per noi l’esperienza, vissuta dai discepoli prima dell’ascensione, di una sua presenza fisica tangibile ed evidente a tutti.
Ciò ci fa riflettere sulla difficoltà del credere: molti grandi santi, quasi tutti in realtà, hanno avuto crisi di fede. La presenza di Dio non è evidente come il sole a mezzogiorno in un cielo senza nuvole. Come, per esempio, nella teologia dell’Islam. Ma, ci suggerisce il mistero dell’ascensione al cielo di Gesù, la relazione con Lui vivo è insieme presenza e assenza, una relazione con il credente estremamente complessa e mediata dalla comunità, dal testo sacro, dalla liturgia della Chiesa, da rapporti e da strutture umane. Ed è anche desiderio, attesa e inquietudine: la presenza di Gesù c’è già, ma non ancora in maniera compiuta.
Molte volte desidereremmo più evidenza che non lascia spazio ai dubbi, più certezze granitiche, più sicurezze che non possano metterci in discussione. Invece viviamo spesso la fatica e l’inquietudine di questo Dio “nascosto”, di questa presenza più intuita che solidamente provata, che lascia spazio al dubbio e alla libertà, che lascia il diritto di esistere anche al non credente. Sia quello che incontriamo fuori di noi, che quello che esiste dentro di noi.
Diceva il card. Carlo Maria Martini, «Io ritengo che ciascuno di noi abbia in sé un non credente e un credente, che si parlano dentro, si interrogano a vicenda, si rimandano continuamente interrogazioni pungenti e inquietanti l’uno all’altro. Il non credente che è in me inquieta il credente che è in me e viceversa».
”Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo”. Queste parole mi dicono molto, perché dalla mia finestra di Gerusalemme io vedo il Monte degli Ulivi e intravedo il luogo tradizionale della Ascensione, segnato da un piccolo minareto. E sento come di là mi risuonino dentro queste parole: “Gesù tornerà, tornerà, a quel modo in cui l’avete visto andare in cielo”. Allora mi sorge nel cuore la preghiera: vieni, Signore Gesù, ritorna a visitarci. Signore Gesù, noi amiamo, attendiamo la tua manifestazione, desideriamo che venga il tuo regno, che siano saziate la nostra fame e sete di giustizia, che si compia la tua volontà in pienezza.
card. Carlo Maria Martini
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